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The Offing explores the contrast between ethics and aesthetics that arises when we are faced with pleasant images withholding an underlying and bleak backstory.
The pictures depict different subjects that can be generally read as connected to an unspecified environment: desert landscapes, outlandish animals and evocative sceneries. In fact, the images are taken today and come from the blogs, websites, social network accounts and online temporary archives implemented and managed by different communication agencies affiliated to the ISIS terrorist cells.
The group of pictures, chosen from a collection built over the last two years, are not explicitly linked to the notion of war, and focus instead on a non-violent vision that often evokes different photographic approaches and clichès we are used to see everyday. By showing something which is aesthetically familiar and pleasing, and then revealing it was made by a Middle-Eastern terrorist, does it create a conflict in perception and aesthetic judgement?
I tried to represent this gap by placing a 4x5'' film on a computer monitor, using the light from the screen to impress the film. Bringing a virtual content back to materiality fixes in time and space something that is temporarily sailing in the ether. The thickness of the LCD screen prevents the film from being perfectly in contact with the image, thus creating a blurring effect similar to presbyopia: the final print looks sharp when viewed from afar and increasingly blurred when viewed up close, only highlighting the dust deposited on the screen and also imprinted on the plate.
How do we relate to viewing something that is at once so distant and so close, so seemingly fictitious and so real? Trying to show the boundary between intentional and unintentional in the mechanisms that underpin the production and consumption of photographic images today, the question becomes how does our perception change when we discover that these images were made by terrorists?
ITA
The Offing è un progetto che esplora il contrasto tra l'etica e l'estetica delle immagini, tra quello che le fotografie rappresentano e quello che realmente mostrano, tra noi e il monitor da cui le guardiamo.
I soggetti raffigurati possono essere percepiti e connessi come ambientazioni generiche: deserto, paesaggio, animali e scenari naturali evocativi. In realtà le fotografie provengono dai blog, social networks a archivi temporanei online gestiti dalle agenzie di comunicazione delle celle terroristiche dell'ISIS.
Questo gruppo di immagini, estrapolate da una collezione raccolta nell'arco di due anni, non sono esplicitamente legate all'immaginario di guerra ma rappresentano invece una visione non violenta che spesso evoca diversi approcci fotografici e clichè che siamo abituati a vedere ogni giorno. Mostrando qualcosa che è esteticamente familiare e piacevole, e rivelare poi che è frutto dei terroristi islamici, provoca un conflitto nella percezione e nel giudizio estetico?
Ho cercato di rappresentare questo scarto poggiando una pellicola 4x5'' sul monitor di un computer, utilizzando la luce dello schermo per impressionare la lastra. Riportare un contenuto virtuale a un livello materiale fisa nel tempo e nello spazio qualcosa che temporaneamente viaggia nell'etere. Lo spessore dello schermo LCD impedisce alla pellicola di essere perfettamente a contatto con l'immagine, creando così un effetto di sfocatura simile a una presbiopia: la stampa finale risulta nitida se vista da lontano e sempre più sfocata da vicino, evidenziando solo la polvere depositata sullo schermo e impressa anche sulla lastra.
Come ci rapportiamo alla visione di qualcosa che è allo stesso tempo così lontano e così vicino, così apparentemente fittizio e così reale? Cercando di mostrare il confine tra intenzionale e involontario nei meccanismi che sostengono la produzione e il consumo di immagini fotografiche oggi, la questione diventa come cambia la nostra percezione quando scopriamo che queste immagini sono state realizzate da terroristi?